L’occasione per esplicitare nuove dichiarazioni sulla Striscia di Gaza, Donald Trump l’ha trovata nell’incontro alla Casa Bianca con Netanyahu, e non si è affatto risparmiato. Ha definito la Striscia “un incredibile pezzo di una importante proprietà immobiliare. Poi ha aggiunto: “Non so perché Israele abbia dato loro quella terra. Lo hanno fatto perché gli è stata promessa la pace. È la terra più pericolosa sulla faccia della Terra”. Parole che in un attimo hanno fatto il giro del mondo facendo inorridire molti leaders internazionali. Del resto, il metro delle dichiarazioni del presidente Trump è questo. In occasione della precedente visita di Netanyahu dichiarò invece che il progetto americano per la Striscia era la realizzazione della Riviera d’Oriente. Proposta alla quale è poi seguita la polemica del famoso video postato dallo stesso presidente. Della possibilità di interrompere il conflitto invece nessuna notizia. Per adesso i risultati della diplomazia americana sono a zero.
Le case farmaceutiche chiedono riforme all’Unione europea
Le case farmaceutiche europee prendono al balzo la situazione ed attaccano l’Ue. Se non ci saranno regole più favorevoli sarebbero pronte alla grande fuga in America. “Al momento”, si legge sul Fatto Quotidiano, “i farmaci sono uno dei pochi prodotti esentati dai dazi statunitensi. La case farmaceutiche europee temono però che presto qualche barriera commerciale possa colpire anche i loro prodotti, così hanno chiesto interventi a Bruxelles per scongiurare quello che definiscono un rischio esodo verso gli Usa”. E la protesta non è da poco visti i nomi del fronte farmaceutico anti-Ue. “Tra i colossi europei che si sono rivolti a Bruxelles”, si legge ancora sul Fatto Quotidiano, “ci sono colossi del calibro di Bayer, Merck, Sanofi, Astrazeneca e Novartia”, un gruppo che sposta molto in termini di capitali e che potrebbe creare non pochi problemi all’Europa. Sarà capace la Comunità di garantire il cambiamento richiesto a gran voce?
Matteo Salvini: “A Bruxelles qualcuno si svegli”
La Lega va per la sua strada, e critica la Comunità europea. La linea politica del partito la dichiara il rieletto segretario Matteo Salvini: “No a guerre commerciali. Chi pensa di rispondere ai dazi con contro-dazi fa il male dell’Italia, dei lavoratori e degli imprenditori italiani. Stiamo lavorando per proteggere, come Lega e governo, i confini dal punto di vista della sicurezza, ma anche per proteggere i risparmi degli italiani”, scrive il ministro sui social. “Dobbiamo aiutare ancora di più le aziende che esportano con l’obiettivo di difendere i risparmi degli italiani. Il governo fa tutto ciò che è in suo potere in Italia, ma è fondamentale che a Bruxelles qualcuno si svegli”. Ed ovviamente, in questa nuova polemica, ci finisce dentro anche l’altro Vicepresidente del consiglio, il ministro Tajani, che invece porta avanti una linea europeista all’interno del quadro internazionale. La frattura nel governo e nella maggioranza ormai è palese.
Il Ministro Tajani sulla trattativa con gli Usa: “Farlo a schiena dritta”
Nel Governo sono divisi. Matteo Salvini sarebbe per andare a trattare con Trump non come Europa ma come Italia. Il ministro Tajani, di Forza Italia, invece è per stare dentro all’unità europea. In un’intervista rilasciata a Quotidiano Nazionale, dopo la riunione dei ministri del Commercio in Lussemburgo, Tajani ha dichiarato che “è emersa una posizione di unità dell’Europa. L’unità su una linea politica chiara: trattare con gli americani e evitare una guerra commerciale. Farlo a schiena dritta, ma trattare e trattare per arrivare, nel tempo che serve, a zero zero dazi: zero dazi dagli Usa all’Europa e zero dazi dall’Europa dagli Usa”. Ed è questa la posizione che probabilmente la Meloni porterà con se la prossima settimana alla Casa Bianca. Evidente la contrapposizione con la Lega, idee politiche differenti. Dovrà essere brava la Meloni a mediare anche con gli alleati di governo, per far passare una linea di equilibri.
Renzi: “Giorgia Meloni non ha capito che Trump conosce solo il linguaggio della forza”
Tra i leader dell’opposizione, Matteo Renzi è diventato quello più incisivo di tutti. Intervistato dalla Stampa ha dichiarato che “Giorgia Meloni dice di voler essere il ponte con Trump, non ha capito che lui conosce solo il linguaggio della forza”. Il leader di Italia Viva ritiene che con questo presidente americano occorra un approccio molto più deciso per tutelare gli interessi italiani all’interno di un’alleanza. Per Renzi la Meloni “dovrebbe recapitargli un messaggio chiaro: sono un tuo alleato, ma difendo anzitutto le imprese italiane.”. L’ex presidente del consiglio ha poi fatto un confronto con Silvio Berlusconi, dicendo che “Stava dalla stessa parte di Bush, ma ci trattava alla pari. Nel caso della Meloni noto una pericolosa subalternità, aggravata dalla posizione di Salvini. Vedremo se la presidente Meloni seguirà i consigli di Renzi. L’articolo intero su questa intervista si trova al link qua sotto.
Mark Spitznagel, investitore miliardario: “Mi aspetto un crollo dell’80% quando tutto questo sarà finito”
Nessuno può immaginare il futuro delle borse di tutto il mondo a seguito della guerra dei dazi. L’investitore miliardario Mark Spitznagel prova a fare una previsione su Market Watch. “Mi aspetto un crollo dell’80% quando tutto questo sarà finito. Non credo proprio che sia finita qui. È una trappola”. In che senso è una trappola? Spitznagel ha invocato un crollo più grande, uno che sarebbe il peggiore dal 1929. “Questa è un’altra svendita per scuotere la gente. Non è l’Armageddon. Quel momento arriverà quando la bolla scoppierà” ha scritto sempre su Market Watch. Una visione pessimista ma anche minoritaria. Sono infatti in pochi a leggere la situazione attuale in questi termini. Però, questa prospettiva di un ‘cigno nero’ che arriverà dopo la fine dell’attuale crisi, fa pensare. In sintesi Spitznagel ci sta dicendo che non siamo ancora entrati nell’evento principale. Per leggere l’articolo uscito su Market Watch cliccare sul link qua sotto.
La Meloni volerà alla Casa Bianca
La Meloni volerà alla Casa Bianca il 16 aprile, qualche giorno prima della Pasqua. Ancora non sono chiari i contorni di questo incontro. Non sappiamo se c’è una delega ufficiale europea a trattare, ma tant’è questo incontro bilaterale ci sarà. Per la Presidente del Consiglio “non sarà una trasferta facile, tutt’altro: il super presidente non ha nessuna intenzione di fare marcia indietro, ha già detto chiaro e tondo che solo così gli Stati Uniti torneranno ad essere la prima potenza del mondo” si legge in questo articolo di Bruno Tucci su Blitz Quotidiano. “Dovrà usare molta diplomazia” va vanti Tucci, “fidando specialmente nel fatto che Trump la ritiene una gran donna politica. Non è sufficiente, perché se la Casa Bianca cederà su qualche punto mostrerà quella debolezza che sono in tanti a prevedere. Finirà il bluff e con esso tutto lo scompiglio che è costato in pochi giorni una perdita di diecimila miliardi”.
Dazi, dalla Storia arriva un monito importante: era la primavera del 1930…
Dalla Storia, quella vera, arrivano moniti importanti. “Nella primavera del 1930, più di 1000 economisti degli Stati Uniti scrissero una lettera esortando il presidente Herbert Hoover a porre il veto a una proposta di legge tariffaria in esame al Senato. La proposta di legge ‘sarebbe stata un errore’, dissero. Avrebbe danneggiato gli esportatori durante una grave recessione (che in seguito sarebbe stata conosciuta come la Grande Depressione) e avrebbe spinto altri paesi a promulgare la proprie tariffe, scrissero”. Ovviamente la legge venne approvata e tutte le previsioni dei 1000 economisti si avverarono. Fu il caos, la Grande Depressione, per l’appunto. La speranza è che questa volta ci sia qualcosa di diverso ad intervenire, che abbia la forza di modificare le scelte, cambiare i destini. Nella Storia, forse, le risposte al presente. Per leggere tutto l’articolo cliccare sul link qua sotto.
Per il Washington Post Musk avrebbe tentato di far revocare i dazi a Trump
Anche Elon Musk non condividerebbe la politica dei dazi messa in campo dal presidente Trump. Secondo il Washington Post Musk avrebbe cercato personalmente di convincere Donald Trump a revocare i dazi, anche quelli sulla Cina senza però avere successo. “La rottura di Musk con Trump sulle tariffe, priorità dell’amministrazione americana, rappresenta il disaccordo più importante tra il presidente e uno dei suoi principali consiglieri. Tesla ha visto la vendite trimestrali crollare drasticamente a causa delle reazioni negative al suo ruolo di consigliere di Trump”. Il consigliere economico di Trump, Navarro, ha dichiarato che Musk è solo un “assemblatore di automobili”. Musk a sua volta non ha esitato a dichiarare che Navarro è “più stupido di un sacco di mattoni”. Insomma, ormai è chiaro, sulla politica dei dazi si scontrano alla Casa Bianca colombe e falchi. L’auspico di Musk è che si possa arrivare ad una zona di libero scambio tra Europa e Usa.
Think tank conservatore chiede a Trump di correggere il tiro sui dazi
Le critiche all’ormai famosa formula utilizzata dal Trump per arrivare a definire il peso dei dazi, non arrivano solo dall’Europa, ma anche direttamente dai conservatori americani. Sul Fatto Quotidiano si legge infatti che “l’American Enterprise Institute, che in passato ha avuto stretti legami con l’amministrazione di George W. Bush jr, chiede alla Casa Bianca di correggere il tiro. Le tariffe scenderebbero a un massimo del 14%. Per la Ue al 10%”. Si capisce che nel mondo dei conservatori americani non regna una comune visione delle cose. “La formula su cui si è basata l’amministrazione non ha fondamento né nella teoria economica né nel diritto commerciale”. Ed è pure viziata da “un errore che gonfia di quattro volte le tariffe che si presume siano imposte dai paesi stranieri”. Si tratterà di capere che peso avranno queste prime contrapposizioni interne a questo mondo sull’azione politica del Presidente e sul suo futuro alla Casa Bianca.